Nel giorno dedicato a tutti i papà, mi piace ricordare, con gratitudine, il mio, che sacrificò il suo ego e fece una scelta che mi cambiò la vita; anzi, che mi permise di fare la “mia” vita.
Ero in terza media. Dicono che fossi un peperino un po’ ribelle (e quale adolescente non lo è?) e riconosco che i miei sono stati molto indulgenti e mi hanno lasciato una grande libertà, anche se ero la primogenita.
Ho sempre pensato che fosse per un’unica ragione: studiavo con piacere, ero brava a scuola e non avevo mai dato problemi, se non qualche convocazione da parte di un’insegnante di italiano, che era entrata in competizione con me perché, nei temi, scrivevo in modo poco conforme alle abitudini del tempo (ma dai! Un’adulta che entra in competizione con una ragazzina; eppure capitò anche al liceo, con un insegnante di italiano; per lo stesso motivo).
Arrivò il momento della scelta del percorso scolastico superiore (mica c’erano gli Open Days, all’epoca). Mio padre desiderava iscrivermi al Liceo Classico Sarpi di Bergamo; fu sempre una sua aspirazione (credo lo desiderasse per tutti noi tre figli). Per mia madre era indifferente, ma lui ci teneva proprio tanto.
Io no.
Io volevo andare al Liceo Linguistico e volevo studiare le lingue straniere, per viaggiare e per poter comunicare con persone di diverse culture e razze.
Amavo la lingua inglese e coglievo ogni occasione per parlarla. A quei tempi avevamo molte meno opportunità di farlo; e così io me le inventavo.
Mi ero persino trovata un affezionato pen-friend di Hong Kong che, tra l’altro, venne a trovarmi in Italia qualche anno dopo (un’esperienza che merita, di per sé, un racconto).
Comunque, venne il fatidico giorno dell’iscrizione alle scuole superiori e, anche se mi ero espressa molto chiaramente sui miei desideri, mi ero ormai arresa al fatto che avrei fatto il Classico, anche perchè, nella maggior parte delle famiglie, ai miei tempi, i figli frequentavano le scuole scelte dai genitori (o, addirittura, andavano subito a lavorare, sempre per decisione dei genitori).
Ricordo che ero da mia nonna, una donna particolare, un po’ avanguardistica, a modo suo. Lei mi disse “Impara le lingue, tu che puoi. E’ il futuro!” Quanto aveva ragione!
Verso sera, i miei genitori vennero a prendermi. Li accolsi come un agnello sull’altare sacrificale e chiesi, con gli occhi spenti e una smorfia sulle labbra “Allora, mi avete iscritto al Classico?”
I miei si guardarono, poi guardarono me e mio padre rispose (ricordo ancora le parole) “No. Abbiamo capito che tu hai altre inclinazioni e aspirazioni e, quindi, ti abbiamo iscritto al Linguistico”.
Io ero incredula, felicemente incredula.
Sapevo che, per loro, sarebbe stato un enorme sacrificio economico perché, all’epoca, il Linguistico era una scuola privata molto costosa; inoltre, era previsto che ogni estate avrei passato almeno un mese all’estero, per potermi esercitare sul campo.
Un grande investimento, da fare per 5 anni, in un momento in cui mio padre, giovane imprenditore, aveva pressioni finanziarie. Io ne capivo poco, ma sapevo che sarebbe stato un impegno sia per lui che per mia madre.
I miei fecero la loro parte e io la mia, studiando e imparando davvero bene le lingue straniere. E fu così che la mia vita prese il corso che era destinato a me.
Da donna adulta, nel 2017, entrai, per la prima volta, in quel famoso Liceo Classico Sarpi, in occasione della Mille Gradini di Bergamo, quando la scuola apre le porte anche alle visite esterne.
Una ragazza (che avrei potuto essere io molti anni prima) mi accompagnò a visitare la scuola e me la raccontò. Accarezzai i banchi, toccai i muri e le vetrate degli armadi che racchiudevano vecchi cimeli.
Una sensazione strana. La presa di coscienza materiale di ciò che era stato, molti anni prima, il mio “sliding-doors”.
Li ho ringraziati per molte ragioni, i miei genitori, ma c’è quest’unica ragione, per la quale li ringrazio e li benedico quasi ogni giorno. Mi sorprendo a farlo, con gli occhi che brillano di felicità, quando converso in modo disinvolto con la mia rete di amici e colleghi multietnici, quando mi trovo a seguire corsi e a studiare in altre lingue.
Già solo con l’inglese, oggi, è possibile accedere a quasi tutta la conoscenza disponibile nel web, che non è assoluta, ma è una bella opportunità che, anche solo vent’anni fa, non era neppure immaginabile.
Ma la vera ragione per la quale li benedico, è perchè, a suo tempo, hanno ascoltato la voce della mia anima.
E’ un tema che mi sta molto a cuore, anche perché mi trovo spesso a sostenere degli adulti che si sentono insoddisfatti o alienati da professioni (anche prestigiose) che non li soddisfano, non li rappresentano e non corrispondono al disegno della loro anima.
E sono felice ogni volta che dei genitori mi chiedono una consulenza per aiutarli a comprendere come aiutare i propri figli a scegliere il percorso di studi.
In fondo credo che sia semplice. I figli, “ascoltateli”, non solo con le orecchie. Ascoltate il sussurro della loro anima perché spesso, per rendervi felici, o per sentirsi amati, vi dicono cose diverse da quelle che vogliono, anche quando sanno molto bene cosa vogliono.
Oltre che da Coach, non essendo genitrice, lo dico, da figlia, immensamente grata, ogni singolo giorno.